GiuridicaMENTE - N.A.I.F.

news, aggiornamenti e informazioni forensi


Layout del blog

OBBLIGO DI MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI

Avv. Alessanra Turi • 22 luglio 2021

La Cassazione chiede autoresponsabilità

In un periodo in cui da un lato i giovani sono additati come “bamboccioni” o “choosy”, e dall’altro il tasso di disoccupazione giovanile raggiunge punte del 40%, la Corte di Cassazione esce con una sentenza in materia di obbligo mantenimento dei figli maggiorenni che richiama i giovani all’“autoresponsabilità”: si tratta della sentenza n. 17183 pubblicata il 14 agosto 2020.

Secondo la Suprema Corte “Il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni”.

A dire il vero ci sarebbe da chiedersi se la Suprema Corte con questa pronuncia abbia voluto mandare un messaggio ai ragazzi, o piuttosto abbia inteso rivolgersi proprio ai genitori per raccomandare loro di trasmettere ai figli il senso del dovere e il valore dell’impegno se non vogliono pagarne essi stessi le conseguenze, costretti a mantenerli fino a 40 anni.

La citata sentenza ha avuto risonanza non solo fra gli addetti ai lavori, ma anche sulle pagine dei quotidiani, non tanto perché abbia esposto una linea innovativa rispetto a quello che da anni è ormai l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di dovere di mantenimento dei figli maggiorenni, quanto piuttosto perché offre un agevole compendio sui principali aspetti che riguardano questo tema e perché introduce espressamente il principio di “autoresponsabilità” dei figli.

L’art. 147 cod. civ. impone ai genitori di mantenere, istruire, educare e assistere anche moralmente i figli nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, ma senza stabilire fino a quando tale obbligo permane; l’art. 337 septies cod. civ. prevede invece che ai genitori spetti il mantenimento dei figli che abbiano compiuto 18 anni solo qualora il Giudice disponga in tal senso; questa norma si inserisce nel capo dedicato alla disciplina della responsabilità genitoriale in caso di separazione e divorzio, anche se, come la Cassazione ci fa osservare, il tema del mantenimento dei figli maggiorenni è una questione che si pone in generale nel rapporto genitori-figli, al di là dell’insorgere di una crisi nella coppia; in questo senso va, del resto, anche lo stesso dettato normativo il quale stabilisce che l’assegno sia, di regola, versato direttamente al figlio.

I Giudici di legittimità confermano che la decisione sul dovere di mantenimento del figlio maggiorenne è rimessa ad una valutazione discrezionale del Giudice che riconoscerà ai figli maggiorenni, non ancora economicamente indipendenti, un assegno di mantenimento “valutate le circostanze”, ma partendo da un presupposto importante, ovvero che raggiunta la maggiore età, l’indipendenza economica si deve presumere sussistente. La Corte con questa sentenza prende infatti  una posizione, già sentita, ma qui ribadita con fermezza, assumendo che “raggiunta la maggiore età, si presume l’idoneità al reddito che per essere vinta necessita della prova dei fatti”, ed ancora “La legge quindi fonda l’estinzione dell’obbligo di contribuzione dei genitori nei confronti dei figli maggiorenni, in concomitanza all’acquisto della capacità di agire e della libertà di autodeterminazione, che si conseguono al raggiungimento della maggiore età”, con tutte le conseguenze che da ciò derivano in ambito di onere della prova: ovvero sarà il richiedente l’assegno a dover provare non solo la mancanza dell’indipendenza economica, ma anche “di aver curato con ogni impegno possibile la propria preparazione professionale o tecnica e di avere con pari impegno operato nella ricerca di un lavoro”, e non il genitore obbligato a dover dimostrare il contrario.

La giurisprudenza di legittimità ha ampiamento tracciato i criteri che devono guidare il Giudice nello stabilire se il figlio ormai maggiorenne abbia ancora diritto al mantenimento. Normalmente i genitori dovranno ancora provvedere al sostentamento del figlio che abbia compiuto 18 anni se questi stia completando gli studi che si tratti di scuola media superiore, percorsi universitari o specializzazioni. Il diritto del figlio a perseguire un percorso educativo e un progetto formativo commisurato alle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni trova tuttavia dei limiti: esso deve prima di tutto essere compatibile con le condizioni economiche dei genitori e si arresta allorché il figlio ha conseguito una preparazione sufficiente ad inserirlo nel mondo del lavoro, anche se non in un ruolo perfettamente in linea con le proprie aspettative.

Il diritto all’educazione e alla formazione non può essere infatti inteso come un diritto sine die, in quanto esso deve essere sempre parametrato alle effettive capacità del figlio e deve comunque sempre mirare alla preparazione di un profilo professionale ricercato dal mercato del lavoro.

Le capacità e aspirazioni devono essere giudicate con estremo rigore, valutando l’età, il percorso di studi e i risultati riscontrati, perché la Cassazione non usa mezzi termini e precisa che “una maggiore tutela meriterà il figlio che prosegua negli studi con impegno e diligenza e passione, rispetto a chi si trascini stancamente in un percorso di “studi” nient’affatto proficuo”.

E così il figlio dovrà attivarsi nella ricerca di un impiego con l’obiettivo di ottenere un meritato riconoscimento, ma anche di conseguire un autonomo sostentamento, magari in attesa di reperire un impiego più aderente alle proprie soggettive aspirazioni. La Corte non trascura il tema delle difficoltà del mercato del lavoro, ma lo fa precisando che la crisi occupazionale giovanile deve incidere sulla valutazione dell’adeguatezza dell’attività di ricerca di un’occupazione posta in essere dal figlio, senza però diventare un alibi per “comportamenti inerziali non incolpevoli”. 

La Corte rinvia perciò al principio di autoresponsabilità per richiamare i figli maggiorenni ad esercitare con ragionevolezza il diritto a ricevere dai genitori il sostegno economico utile alla loro crescita e formazione per il conseguimento di un soddisfacente ruolo professionale, tenendo però sempre a mente che l’obiettivo deve essere il raggiungimento di una propria autonomia anche economica: il diritto al mantenimento non deve essere esercitato in maniera abusiva o in mala fede  sfociando altrimenti in assistenzialismo.

CONDIVIDI

Share by: