E-commerce, Amazon risponde per i danni causati dai prodotti venduti

Avv. Giovanna Ghielmetti • 22 luglio 2021

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Con l’ampia diffusione e la facilità di accesso a Internet per chiunque, anche solo tramite gli smartphone, il commercio elettronico e l’utilizzo dei marketplace è divenuto ormai parte della quotidianità della maggior parte di noi.  Ce ne siamo accorti anche durante il lockdown, quando, a fronte della chiusura dei commercianti al dettaglio, Amazon ha invece avuto una crescita esplosiva, tanto che, all’inizio di settembre 2020, Forbes ha confermato il suo fondatore, Jeff Bezos, in testa alla classifica degli uomini più ricchi del mondo.

I marketplace sono siti internet di intermediazione per la compravendita di beni o servizi, che offrono una vetrina virtuale per le merci di diversi venditori, guadagnando commissioni sulle vendite effettuate loro tramite, transazioni che si perfezionano direttamente tra il venditore e il consumatore finale. In caso di acquisto di un prodotto difettoso la responsabilità non può che essere imputata al produttore/venditore, posto che gli operatori e-commerce, limitandosi a fornire servizi per la commercializzazione, non possono esserne ritenuti responsabili. Tale limitazione può presentare tuttavia notevoli difficoltà per i clienti a far valere i propri diritti di garanzia per i vizi del bene acquistato on-line: si pensi anche solo alla rintracciabilità o alla solvibilità dei venditori.

La problematica è stata recentemente portata all’attenzione della Corte d’Appello della California che ha esaminato il caso di Angela Bolger, rimasta gravemente ustionata al viso a seguito dell’esplosione di una batteria per laptop acquistata da un venditore terzo tramite Amazon.com. Ribaltando la pronuncia della Corte Superiore della Contea di San Diego, che aveva escluso la responsabilità del provider “in quanto non aveva distribuito, prodotto o venduto il bene in questione”, la Corte d’Appello, con sentenza del 13 agosto 2020, ha invece ritenuto che, nel caso specifico, Amazon fosse responsabile per la difettosità e i danni del prodotto venduto sul suo marketplace (Cal. Ct. App., 4th Dist., No. D075738 – Bolger vs Amazon.com Inc.).

Partendo dal principio sopra ricordato - ossia che l’operatore dei servizi di marketplace di solito non risponde dei danni causati da prodotti offerti da venditori terzi, perché estraneo al rapporto -, la Corte californiana ha tuttavia stabilito che, nel caso concreto, Amazon non fosse da considerare un mero intermediario, bensì una vera e propria parte del processo di vendita, essendosi inserita a livello verticale tra il produttore e il consumatore, divenendo conseguentemente responsabile nei confronti dell’utente finale.

I Giudici hanno ritenuto Amazon un anello della catena distributiva del prodotto, valorizzando in tal senso tutte le attività accessorie poste in essere dalla stessa: “Amazon ha accettato che il prodotto venisse offerto sul proprio portale, lo ha stoccato in un magazzino Amazon, ha attirato Bolger sul sito web di Amazon, le ha fornito un elenco dei prodotti [del venditore], ha ricevuto il pagamento per il prodotto e le ha spedito il prodotto nell’imballaggio Amazon. Amazon ha stabilito i termini del rapporto commerciale con il venditore, ha controllato le condizioni dell'offerta di vendita del prodotto su Amazon, ha limitato l'accesso del venditore alle informazioni sui clienti di Amazon, ha costretto il venditore a comunicare con i clienti solo tramite Amazon e ha chiesto significativi indennizzi e commissioni su ogni acquisto”.

La Corte d’Appello della California si è svincolata dalla limitazione del concetto di responsabilità attribuibile esclusivamente al produttore o al (ri)venditore, e, mettendosi al passo con l’attuale realtà digitale, ha creato una nuova figura giuridica nell’ambito del commercio on line, diversa dal semplice provider, che – come detto – si limita a mettere a disposizione un proprio spazio virtuale per mettere in contatto domanda e offerta. Affermano a tal proposito i Giudici californiani che “qualunque sia il termine che usiamo per descrivere il ruolo di Amazon, sia esso "rivenditore", "distributore" o semplicemente "facilitatore", è stato fondamentale per portare il prodotto qui al consumatore. La responsabilità restrittiva da prodotto "è stata creata giudizialmente a causa della necessità economica e sociale di protezione dei consumatori in una società sempre più complessa e meccanizzata, e per le limitazioni nella negligenza e nei rimedi in garanzia” (Daly v. General Motors Corp. (1978) 20 Cal.3d 725, 733 (Daly). ... Il perimetro della responsabilità oggettiva è stato ampliato, ove necessario, per tenere conto delle “realtà di mercato” e per coprire nuove operazioni a “uso diffuso ... nel mondo degli affari di oggi”.

I Giudici della Corte d’Appello hanno quindi dato ampia rilevanza all’affidamento generato dalla condotta complessiva Amazon nel consumatore finale, il quale si sente in qualche modo tutelato per il solo fatto di acquistare sul sito di e-commerce più famoso al mondo, oltre ad avere, spesso, la percezione di acquistare direttamente da Amazon e non da un merchant. Si legge infatti nella sentenza: Amazon “È il sito di e-commerce più famoso al mondo. Negli Stati Uniti, circa la metà di tutti i dollari degli acquisti online viene spesa su Amazon. Il sito web di Amazon è, in un certo senso, "il negozio più grande del mondo" nell'era di Internet. ...I prodotti venduti su Amazon godono di una “implicita dichiarazione di sicurezza”, che rende applicabile la previsione di una stretta responsabilità”.

La Sentenza, unica a livello di giurisprudenza mondiale, è destinata a costituire un interessante precedente anche nel panorama giurisprudenziale italiano, basandosi su capisaldi di diritto universalmente riconosciuti e coerenti con i principi espressi nella direttiva UE sull’e-commerce.

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