Prestando talvolta l’attività difensiva a favore di una compagnia assicurativa, tra i primi documenti che esamino vi sono le dichiarazioni rese dall’assicurato nella fase precontrattuale, nel c.d. “questionario assuntivo”, che metto poi in relazione con le circostanze specifiche del caso concreto.
In questo esercizio mi capita spesso di notare che il contraente non dava informazioni o forniva dati incompleti all’assicuratore, rischiando così di vedersi negare il diritto alla garanzia ai sensi dell’Art.1892, III co., codice civile. La casistica è molto varia: nelle polizze incendio, furto e rischi connessi, ho riscontrato in diverse occasioni che veniva data un’informazione incompleta sull’estensione dell’immobile oggetto della garanzia (ad es. per la realizzazione di un ampliamento), sulle coperture dell’edificio (es. la sostituzione del tetto con pannelli fotovoltaici) e sui mezzi di protezione dei confini; rispetto alle polizze infortuni, mi è capitato di rilevare la mancata comunicazione all’assicuratore di una importante patologia come il Parkinson; mentre nelle polizze di copertura della responsabilità professionale osservo con frequenza un’ampia gamma di informazioni incomplete e spesso ho il forte sospetto che l’assicurato abbia sottaciuto l’errore di cui aveva piena consapevolezza ancor prima che il danneggiato formalizzasse la richiesta di risarcimento.
La tutela che riceve l’assicuratore dal terzo comma dell’Art.1982 cod. civ., ossia la possibilità di rifiutare il pagamento dell’indennizzo qualora l’assicurato, agendo con dolo o colpa grave, non abbia fornito una esatta rappresentazione delle circostanze utili a valutare il rischio, ha la sua ratio nell’asimmetria informativa in cui si trovano i due contraenti e nell’esigenza di contenere i costi del servizio assicurativo. L’assicuratore chiede, infatti, al contraente di dare una descrizione esatta dei fatti rilevanti, in quanto è il contraente che meglio conosce la situazione. Inoltre, se fosse l'assicuratore a raccogliere e/o controllare le informazioni, il premio verrebbe gravato di spese aggiuntive, per perizie e verifiche preventive.
Dunque, attraverso la corretta compilazione del questionario assuntivo il contraente consente all’assicuratore di venire a conoscenza del rischio che costituisce l’oggetto del sinallagma contrattuale, affinché questi possa decidere se ed in quali termini assumerlo in copertura. Cosicché le dichiarazioni dell'assicurato assumono valore essenziale, in quanto la corrispondenza tra rischio reale e rischio rappresentato dal contraente costituisce il presupposto per la validità del contratto.
Chiarita la funzione del questionario assuntivo, occorre chiedersi come l’assicurato debba comportarsi di fronte a quesiti generici e molto ampi predisposti dall’assicuratore, come la richiesta di indicare se egli sia a conoscenza di qualsiasi circostanza o evento che possa dar origine a una richiesta di risarcimento ovvero di fatti presenti o passati da cui possa derivare una responsabilità oggetto della copertura assicurativa.
Una recente pronuncia della Suprema Corte ha risposto all’interrogativo chiarendo che l'onere di denuncia delle circostanze rilevanti sorge per il solo fatto “che l'assicurazione manifesti interesse a conoscere gli stati rilevanti che possano condizionare il suo impegno contrattuale, interesse che è validamente e sufficientemente manifestato attraverso un generico questionario, volto a stimolare la dichiarazione della controparte” (Corte di Cassazione, n.8895/2020).
Il caso concreto esaminato dalla Corte riguardava una coppia di genitori che chiedevano di essere indennizzati dalla compagnia, con cui erano assicurati per la responsabilità civile del capofamiglia, rispetto ad una richiesta di risarcimento formulata da un terzo per i danni causati da un incendio appiccato dal loro figlio minore. La compagnia negava l’operatività della polizza sostenendo che gli assicurati avevano sottaciuto una circostanza determinante, ossia la patologia di cui era affetto il figlio minore e che induceva ad una certa piromania.
I genitori, soccombenti nei due gradi di giudizio, ponevano in rilievo dinanzi alla Suprema Corte che la compagnia di assicurazione ometteva, nel questionario presentato a suo tempo, di chiedere informazioni specifiche su circostanze rilevanti, come quella della malattia del figlio.
La tesi propugnata dai genitori, per quanto possa ricavarsi dalle motivazioni della pronuncia citata, era diretta ad affermare che l’assicuratore possa avvalersi dell’annullamento del contratto per dichiarazioni inesatte o reticenti solo laddove formuli domande precise, sulla scia della considerazione che l’assicuratore sopporta le conseguenze se trascura di chiedere in modo specifico e dettagliato fatti importanti per la valutazione del rischio.
Tuttavia, di fronte al fatto che i genitori avevano la consapevolezza della patologia del figlio e che nel questionario assuntivo v'era la richiesta di denunciare circostanze rilevanti e incidenti sul rischio, la Corte ha ritenuto tale quesito, per quanto generico, sufficiente a far ritenere che l’omessa dichiarazione della malattia del figlio fosse rilevante per escludere l’operatività della copertura.
In particolare, la Suprema Corte ha specificato come la predisposizione di un questionario da parte dell'assicuratore non abbia la funzione di "tipizzare" le possibili cause di annullamento del contratto di assicurazione per dichiarazioni inesatte o reticenti, ma sia funzionale a richiamare l'attenzione del contraente a fornire risposte complete e veritiere sui quesiti medesimi, “cosi che è sufficiente che l'assicuratore chieda all'assicurato di denunciare ogni possibile situazione che possa aumentare il rischio o concretizzarlo del tutto”.
Concludo, sottolineando l’importanza, all’atto della stipula di un contratto assicurativo, di soppesare attentamente le situazioni di rischio che si intendono traslare sulla compagnia assicurativa, soffermarsi sulle domande contenute nel questionario assuntivo e con l’invito a darvi risposta esaustiva e veritiera. Va da sé che, se le informazioni sono correttamente trasmesse dal contraente all’assicuratore, la loro erronea valutazione ricade sull'impresa assicuratrice.
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